Che quella di Bologna fosse una gara delicata s’era detto in tutte le salse, dopo la botta subita col Bayern. La Lazio ha anche cominciato bene, fino al rigore: un grazioso regalo di Dominguez, che stende Correa in modo insensato, un palmo dentro l’area, con due compagni intorno a sbarrare il passo all’argentino. Immobile va sul dischetto e calcia: il tiro non è forte né angolato e Skorupski si tuffa e lo abbranca in presa facile e sicura.
Il tempo di abbassare lo sguardo e Ciro assiste da lontano alla bella azione che porta il Bologna a segnare: Orsolini tira secco su cross proveniente da destra, Reina para ma respinge corto, tentando di buttarla di lato, Mbaye è più pronto di Lazzari e deposita in rete vanificando il tentativo di chiusura dello stesso Reina. E qui cominciano i guai, come se i due eventi avversi in un minuto non fossero già pesanti abbastanza.
La Lazio si disunisce, non trova le forze per reagire e subisce l’entusiasmo del Bologna, che crea alcune situazioni favorevoli con Barrow, che va vicino al raddoppio, contenuto anche da Reina. Altro snodo della partita al 31′: proprio il portiere biancoceleste fa partire un contropiede micidiale, servendo in verticale Correa, che vola verso la difesa bolognese, in superiorità numerica, con Lazzari a destra e Luis Alberto a sinistra che chiedono palla, pronti a concludere. L’argentino è indeciso, temporeggia, arriva al limite dell’area e cerca un passaggio lento e prevedibile per Luis Alberto, facile preda della difesa.
La Lazio rumina gioco ma non tira, o se lo fa è innocua, spesso fuori misura, con conclusioni forzate e velleitarie. Il Bologna gioca bene anche se non sfrutta i molti errori in appoggio della Lazio, sempre in affanno se pressata quando fa partire l’azione.
A inizio ripresa, con Lulic in campo per l’infortunato Lazzari, i biancocelesti sembrano entrati con un piglio diverso, ma la loro spinta dura poco e non produce grandi opportunità, solo tiri ribattuti e manovre che s’infrangono in una zona centrale affollata.
La Lazio mostra evidenti limiti, non riesce a variare il tema di gioco, s’intestardisce a voler passare dove non c’è spazio. Poi capitola di nuovo, grazie a una prodezza di Sansone, bellissima esecuzione al volo su cross di Barrow.
Inzaghi si decide a cambiare, toglie Leiva, Immobile e Patric e inserisce Muriqi, Pereira e Cataldi. Curioso che sullo 0-2 ci si affidi a uomini che il campo lo vedono ben di rado: gli si lascia modo di operare a gara compromessa, non certo facilitandone l’inserimento.
La Lazio prova, ma non cava un ragno dal buco. Trova nel finale un paio di buone situazioni che fanno fare bella figura a Skorupski e china il capo, sconfitta, al fischio finale.
Poi incassa le rampogne del mister, in sala stampa: si aspettava una reazione migliore, perché le grandi squadre, se sono tali, devono saper reagire alle avversità. Qualcuno ci legge uno smarcamento da responsabilità che toccano pure al tecnico: sarebbe lungo elencarle tutte, ma è chiaro che la squadra segna con difficoltà e subisce con facilità, in questo frangente.
Se sia la testa leggera della sbornia di coppa non è dato sapere, ma Bologna arriva dopo sconfitte analoghe subite con Sampdoria, Verona e Udinese. Squadre di piccolo/medio cabotaggio in grado di opporsi al gioco della Lazio mettendone a nudo limiti precisi, a questo punto, visto il ripetersi della circostanza.
Proprio la differenza di potenziale rispetto a certi avversari sembra suggerire che non basta puntare il dito sulle carenze della rosa, a questo punto, per spiegare certi rovesci. Una squadra corta di alternative in certi reparti e lunga in altri, con gente che non esce mai e gente che vede il campo solo in situazioni compromesse o di minore impegno: la sensazione, avvalorata da certe dichiarazioni di Lulic ai microfoni della tv, è che il tecnico si fidi solo di alcuni, e che offra agli altri poche opportunità.
Anche a costo di schierare, come oggi, un Immobile che fa fatica per problemi fisici, o un Leiva che non sembra più sostenere l’intensità di certi impegni. Si dice che dopo la Champions la squadra accusi lo sforzo. Ma se c’era la fatica del Bayern nelle gambe perché schierare in campo la stessa formazione? Domande senza risposta, mentre il tempo passa, il rinnovo di Inzaghi resta nelle intenzioni, la classifica peggiora vanificando la rimonta di inizio anno. Restano 14 partite per centrare un obiettivo difficile. Se la Lazio vista oggi non è quella che ci aspetta da qui in poi.