Caccia al Mister

La stagione si concluderà con l’inutile ultima gara in casa del Sassuolo. La caccia al Mister, intanto, è cominciata, visto che la firma di Inzaghi sul rinnovo del contratto ancora non arriva. In questi mesi c’è stato un rimpallo continuo tra tecnico e società, ciascuno sempre pronto a minimizzare la questione del rinnovo. Che intanto è arrivata al capolinea: o si firma, o si cambia.

Ogni volta che Inzaghi è finito davanti a un microfono, recentemente, ha ricevuto la domanda delle cento pistole: resti o te ne vai? Lui ha sempre glissato, rimandato, posticipato. Anche quando era gratis e in qualche modo rassicurante per tutti, anche per far cessare il fuoco delle domande, fare un’apertura e dire: ma sì che resto.

Non gli è scappato manco un lapsus, bocca cucita, sempre tutto bello, ci vogliamo bene e ce ne vorremo, siamo cresciuti insieme eccetera. Dal che discende che, probabilmente, le strade di Inzaghi e della Lazio stanno per separarsi, o perché la società preferisce cambiare, o perché il tecnico ha altre proposte, oppure perché i rispettivi programmi per il futuro segnano una divergenza di vedute.

Da tempo serpeggia e si tocca con mano, tra social e media, una certa insofferenza. Cinque anni con un allenatore sono tanti, in Italia non si arriva quasi mai a un rapporto così lungo, e quando le cose cominciano a non andare benissimo si tende a dimenticare quanto di buono è stato fatto.

Inzaghi con la Lazio ha vinto, mostrato un gioco anche entusiasmante, per lunghi tratti, ha valorizzato giocatori facendone elementi di livello internazionale, ovviamente lavorando su una materia prima di qualità. Spesso è riuscito a farlo nel perenne navigare controvento della società, un vento particolarmente fastidioso soprattutto nell’ultimo anno, tra polemiche sul campionato sospeso per il covid, querelle per il valzer dei tamponi, campagne denigratorie con finalità politiche eccetera.

Se Simone se ne andrà chi arriverà? Il nome più gettonato è quello di Gattuso, che non si è impegnato con la Fiorentina, dopo settimane in cui, soprattutto da Firenze, arrivavano spifferi su una fase avanzatissima di trattativa. Anche a Firenze, figuriamoci a Roma, Ringhio veniva salutato senza particolari entusiasmi. strano, visto il curriculum da giocatore e da tecnico, in una realtà depressa come quella Fiorentina.

Meno strano se si parla della Lazio, ma  comunque singolare: Gattuso sta conducendo il Napoli alla qualificazione in Champions, e sappiamo bene quanto fosse difficile raggiungerla quest’anno. Lo fa da separato in casa, avendo da tempo rotto i rapporti col suo presidente. Lo fa avendo vinto la Coppa Italia, l’anno scorso, e perso la Supercoppa per un rigore sbagliato da Insigne. Il suo Milan ha sfiorato la Champions pur avendo una situazione di caos societario che si è risolta, almeno in parte, solo quest’anno.

Non pare, insomma, una scelta di ripiego. Forse è conservativa, nel senso che, come avvenuto in altri momenti, il cambio della guida tecnica giustificherà una campagna acquisti non troppo rivoluzionaria, anche e soprattutto per via della difficile contingenza economica.

Gattuso, insomma, non sarebbe accolto dalla banda e dalle majorette, ma il suo modo di porsi schietto e leale supererebbe facilmente certe resistenze, soprattutto se la squadra dovesse trovare un buon rendimento sul campo. Le alternative, suggestive, riguardano qualche grande ex: Mihajlovic, che sembra orientato a rimanere a Bologna, la cui carriera per ora si sta srotolando in tranquille piazze di non grandissime pretese. Sarebbe una scelta del cuore, ma Sinisa al momento non pare l’opzione migliore.

Più intrigante sarebbe l’ipotesi Conceiçao. Il secondo ritorno del popolare Meo Amigo, dopo l’incolore passaggio di fine carriera,  potrebbe rappresentare una risposta alla scelta di Mourinho operata dai dirimpettai, per giunta nel bell’idioma portoghese. Sergio si è distinto nel Porto, eliminando la Juventus nell’ultima Champions, e sarebbe un bel rilancio, per un’avventura tutta da vivere. Nei prossimi giorni sapremo.

La Champions League dei laziali

La Champions League di quest’anno è piena come non mai di vecchie conoscenze laziali, sparse in ben 6 squadre ancora in corsa negli ottavi di finale. Con la Lazio fanno 7.

Uno di loro l’ha vinta sul campo, privilegio toccato anche a Tassotti (tre volte), Nesta (due volte), Oddo e Favalli  col Milan, a Michael Laudrup col Barcellona e a Stankovic e Pandev con l’Inter. Si tratta di Karl-Heinz Riedle, oggi dirigente del Borussia Dortmund, che mise a segno una fantastica doppietta nella finale vinta (1997) contro la Juve, in cui giocava un ex laziale (Boksic, già vincitore della Coppa a Marsiglia) e due futuri biancocelesti, Jugovic, che già aveva vinto la Coppa con la Stella Rossa, insieme a Mihajlovic, e Vieri.

In parecchi ci sono andati vicini, perdendo in finale. Il più titolato è il Cholo: Simeone, un palmares spaventoso di trofei vinti, ha perso da mister dell’Atletico due volte in finale, sempre contro il Real Madrid. Quest’anno ci riprova, sempre alla guida dei Colchoneros. Anche Miro Klose ha perso la sua chance, finalista battuto dall’Inter di Mourinho. Oggi è il vice allenatore del Bayern che si accinge ad affrontare la Lazio. La Champions persa nella Samp è rimasta, per Roberto Mancini, il massimo rimpianto di una carriera ricca di soddisfazioni. Con lui in campo, quel giorno, anche Attilio Lombardo e Renato Buso. Mancio e Lombardo saranno laziali, Buso era già un ex. Flavio Roma, campione d’Italia primavera con nesta e Di Vaio, perse la finale difendendo la porta del Monaco contro il Porto di José Mourinho.

Ieri sera Sergio Conceiçao ha guidato proprio il Porto alla vittoria contro la Juve. In panchina sedeva un malinconico Felipe Anderson, che vede il campo di rado. Nella Juve sconfitta, oltre a Nedved, Vicepresidente, siede in panchina Roberto Baronio, talento sempre in procinto di sbocciare e alla fine appassito in molte Lazio del terzo millennio. Fa l’assistente di Pirlo.

Un altro, ricordato per un episodio risalente al 1997, è Carlo Cudicini. Ha giocato una sola partita nella Lazio, ma è rimasta viva nella memoria dei tifosi: giocò contro il Cagliari e si infortunò gravemente, rimanendo a difendere la porta con una lesione ai legamenti di un ginocchio. Anche lui ha perso in finale, due volte, col Milan e col Chelsea, ma era sempre in panchina. Oggi è nello staff del Chelsea.

Simone Inzaghi completa il gruppo degli ex illustri in lizza. Lui è rimasto alla Lazio, con qualche temporanea migrazione, e ha conosciuto, da compagno o da avversario, la gran parte degli ex che abbiamo citato. Proverà a giocarsi le sue carte contro il Bayern campione di tutto, perché quest’anno siamo nella massima competizione europea non soltanto con gli ex.

Nel girone dei bestemmiatori

Benvenuti nel girone dei bestemmiatori! Dopo la multa rimediata da Simone Inzaghi col Sassuolo, per aver pronunciato espressione blasfema, tocca a Manuel Lazzari beccare una squalifica per aver pronunciato un bestemmione in favore di microfono durante Inter-Lazio.

A niente vale l’attenuante della consuetudine: i vicentini, oltre che magnagati, sono considerati grandi bestemmiatori, come tutti i veneti, per quanto tra i più timorati di Dio.

La Lazio, si sa, assomma, per alcuni, tutti i vizi: i nostri giudicano venale un moccolo che, regolamenti alla mano, può costare caro. Peggio delle tavole di Mosè. Almeno in chiesa basta pentirsi sinceramente, salvo ritornare a farlo.