Interviste con laziali notevoli

 

Riprendo dall’inizio il ciclo delle interviste con laziali notevoli, che due anni fa portammo avanti, per qualche tempo e con grande soddisfazione, sul mio blog postpank.wordpress.com.
Intanto ripubblico qui quelle già fatte, poi vediamo di riprenderle. Comincio dall’introduzione, riceduta e (poco) corretta, che risale al novembre 2018.

Cominciò tutto (circa) vent’anni fa.

C’era internet e ci si chiedeva cosa farsene, e l’idea che venne subito a tutti era cercarci sopra cose riguardanti le proprie passioni. In tanti hanno detto che il calcio è la cosa più importante di quelle meno importanti, e parlarne in rete è stato automatico. Continue reading “Interviste con laziali notevoli”

Felice Pulici

“La Lazio non è una squadra di calcio. La Lazio ti entra dentro, ti cattura, è lei che ti sceglie, come i giovani figli di Sparta attrae a sé solo chi è disposto a soffrire, perché quando c’è la Lazio in mezzo non c’è mai nulla di facile”

Il portiere del primo scudetto, con le sue giornate da paratutto (famoso un Milan-Lazio 0-0 a San Siro che gli valse il 10+ in pagella da parte del Messaggero) e la sua regolarità assoluta. Mai un’assenza, mai una brutta prestazione. Appena 16 gol subiti nel ‘72/73, in un’intera stagione, segnano il record per la difesa della Lazio. Molto si deve a lui, che supera lo scetticismo iniziale (qualcuno lo ricordava prendere cinque gol all’Olimpico col Novara) e fa dimenticare l’ottimo Bandoni, portiere della promozione rientrato a Firenze per fine prestito. Felice sfiorò la Nazionale e sfoderò la prestazione da incorniciare dell’intera carriera in un derby deciso da un gol di Giordano e dalle sue prodigiose parate, dedicate al morente Maestrelli. Lasciò la Lazio un anno dopo, sostituito da Vinicio che gli preferì Garella, accontentandosi di ripartire dalla serie B, col Monza. Dopo una fortunata parentesi ad Ascoli, tornerà alla Lazio per chiudere la carriera e rimarrà per qualche anno nei ranghi societari, togliendosi la soddisfazione di laurearsi in giurisprudenza e di diventare avvocato.
Disponibile, affabile, sempre sorridente, si concedeva ai tifosi raccontando la Lazio, vissuta in ogni forma, in un’ideale linea di continuità con Bob Lovati, portiere della prima Coppa Italia conquistata dalla Lazio. Una piccola staffetta di affetti, una coppia che custodiva i valori biancocelesti mantenendo sempre l’aplomb e la dignità. Per questo Felice lasciò la Lazio, quando era ancora in grado di dare molto in campo, per questo ha sempre lavorato, fino al giorno in cui è morto, due anni fa, ucciso da una grave malattia.

Nella ricorrenza di quel triste giorno, riprendo proprio dalla scheda di Felice Pulici le figurine che componevano il libriccino che dà il nome a questo blog, che nasce per rispondere alla necessità di leggere la quotidianità laziale scritta con serenità e in buona fede. A costo di scriversela da soli…

 

Benevento-Lazio, fratelli contro

Sfida a Benevento tra i fratelli Inzaghi: questo il motivo “curioso” dell’anticipo che vede la Lazio far visita ai giallorossi sanniti, in cerca di riscatto dopo la sfortunata prova interna col Verona.

Simone Inzaghi alle prese con i soliti problemi di formazione: non saranno della partita gli infortunati Acerbi, per un lieve stiramento che rischia di fargli saltare anche le gare con Napoli e Milan, Fares e Leiva, entrambi alle prese con noie muscolari, ai quali si aggiunge lo squalificato Akpa Akpro. Dovrebbe tornare a disposizione Patric, che partirebbe dalla panchina, con Hoedt e Luiz Felipe accanto a Radu, mentre Escalante potrebbe partire dal primo minuto per la prima volta in campionato, al posto di Leiva. Rientrerà Luis Alberto, a centrocampo con Milinkovic-Savic, sulle corsie esterne Lazzari e Marusic, mentre Correa dovrebbe tornare dall’inizio, accanto a Immobile, con Caicedo che partirà dalla panchina.

Il Benevento ha avuto un buon avvio di stagione ed è reduce da una sconfitta immeritata col Sassuolo, ha una discreta classifica a si sta giocando le sue chance per la salvezza. Una motivazione ulteriore è data dalla sfida familiare. In difesa giocherà Alessandro Tuia, cresciuto nella Lazio. I tifosi stravedevano per lui, pronosticando una carriera luminosa, sulle orme di Nesta. Dopo qualche passaggio stentato tra le serie inferiori, Tuia ha trovato spazio per crescere nella Salernitana, e da lì al Benevento, fino al ritorno in serie A, a 30 anni, dopo l’esordio con la Lazio di Delio Rossi, qualche minuto contro la Juventus, nel 2009.

Arbitrerà Pairetto, con Fabbri al VAR. Per la Lazio tre punti da prendere assolutamente, prima di affrontare il doppio impegno prenatalizio che ne peserà le ambizioni in campionato. Il Bayern è ancora lontano, la serie A non aspetta. L’imperativo è riprendere a correre, adesso.
In campo alle 20.45, TV su Dazn.

Bayern Monaco, la sfida più difficile

La Lazio ha pescato il Bayern Monaco.
Abbinamento di superprestigio: i bavaresi sono i detentori della Champions League.
Questo, per brevità, il loro palmares:

3 Champions League
3 Coppe dei Campioni
1 Mondiale per Club
2 Coppe Intercontinentali
1 Coppa delle Coppe
1 Coppa UEFA
30 volte campione di Germania
20 Coppe di Germania

Giocatori insigniti del pallone d’oro:
Gerd Muller (1970)
Franz Beckenbauer (1972, 1976)
Karl-Heinz Rummenigge (1980,1981)

Inutile dire che si tratta di un confronto proibitivo, ma anche le altre 5 possibili avversarie sarebbero state ostacoli molto difficili da superare.

La Lazio non ha mai affrontato il Bayern in competizioni internazionali. L’unico precedente è l’amichevole giocata all’Olimpico nell’agosto del 1974, prima uscita in casa con lo scudetto sul petto, finita 1-1 contro i tedeschi, anche allora detentori della Coppa dei Campioni, con in campo Maier, Schwarzenbeck, Beckenbauer, Hoeness e Muller freschi vincitori del mondiale 1974, battuta in finale l’Olanda di Cruijff.

I monacensi dovranno giocare la fase finale dei mondiali per club in Qatar, in programma all’inizio di febbraio, con finale l’11: due gare ravvicinate, semifinale e finale, per poi affrontare i biancocelesti all’Olimpico il 23. Ritorno in Germania il 17 marzo.

Il Bayern è allenato da Hans-Dieter Flick, nel cui staff figura l’amatissimo ex biancoceleste Miro Klose, come vice allenatore. La squadra gioca con un modulo 4-2-3-1.
Capitano è il leggendario Neuer, punto di forza della Germania campione del mondo nel 2014 in Brasile, insieme a Boateng e a Thomas Muller.
Nazionali tedeschi anche Goretzka e Kimmich, centrocampisti, Sané e Gnabry, due attaccanti esterni che abbinano tecnica e velocità. L’attacco è guidato da Robert Lewandowski, UEFA best player 2020, plurititolato campione polacco, battuto da Ciro Immobile nella corsa alla scarpa d’oro 2020.
Poi Davies, Alaba, Hernandez, Coman, vecchia conoscenza del campionato italiano, eccetera.

Un assortimento di campioni per due serate di gala in cui la Lazio dovrà dare il meglio per non sfigurare. I tifosi, memori delle numerose larghe vittorie recenti del Bayern, hanno preso con ironia il sorteggio: ci si augura di non emulare la Roma, che con i tedeschi subì uno dei suoi famosi 1-7, tra le mura amiche. La Lazio sa dare il meglio quando lo stimolo è forte, se si batterà al meglio non dovrà temere sconfitte mortificanti. La priorità, intanto, è il Benevento…

Le canaglie

Se esiste una squadra di calcio che ha stimolato la fantasia di scrittori con la esse maiuscola, raccontatori della domenica, penne da forum e da social, anchormen televisivi e radiofonici e bloggers pallonari è la Lazio di Maestrelli e Chinaglia. Che vinse il suo primo scudetto, nel 1974, in un tempo in cui il campionato di calcio non era soltanto una riserva juventina, ma si regalava avventure alternative, premiando occasionalmente altre squadre, oltre alle solite rivali milanesi: la Fiorentina, il Cagliari, il Torino non più Grande, e poi la Roma, il Verona, il Napoli, la Sampdoria.

Una storia che somiglia a un romanzo: uno spogliatoio spaccato in due clan e una serie di episodi, raccontati fino allo sfinimento, che vedono i contendenti darsele di santa ragione in allenamento. Per poi riunirsi, la domenica, sotto la guida di Maestrelli, il tecnico gentile, e strapazzare le avversarie col gioco totale e con l’energia incontenibile del (super)eroe, Giorgio Chinaglia, per gli amici Long John o Giorgione, per gli avversari il Gobbo.

Angelo Carotenuto aggiunge il suo contributo all’epopea con “Le canaglie” (Sellerio, 354 pagine, 16 euro). Scandito dal passo degli eventi che, dal 1971 al 1977, portarono la squadra biancoceleste a risalire da una brutta retrocessione fino a raggiungere il massimo traguardo, per ripiegarsi, poi, sotto il peso delle tragedie che la colpirono: la morte di Maestrelli e di Re Cecconi e la fuga in America di Chinaglia, primo episodio di un’incessante alternanza di ritorni e partenze, ogni volta più tristi e ingloriose. 

Carotenuto usa la voce narrante di Marcello Traseticcio, fotografo/paparazzo che viene dal cinema e opera nella redazione di un quotidiano romano.  Una figura ispirata a Marcello Geppetti, fotografo dell’epoca, autore della foto di copertina del libro, che raffigura Chinaglia che rimira il suo winchester, sulla porta dello spogliatoio di Tor di Quinto, scenario delle folli avventure narrate nel libro. 

Il quotidiano somiglia al coloratissimo Momento Sera, quotidiano romano dell’epoca. Lo compravamo tutti i lunedì, noi malati di calcio, per ritagliare le foto a colori dei nostri idoli, chi biancoceleste, chi giallorosso. 

Traseticcio non ama il calcio ma si appassiona alla banda laziale. Ne racconta le risse, le spacconate, le avventure erotiche, gli eccessi d’ogni sorta, l’amore per le armi, il nonnismo, la ribalderia, ma anche la capacità di lottare per un obiettivo, uniti/domati dalle qualità umane di Maestrelli. 

Un io narrante che parla una lingua tutta sua: un romanesco particolare, che entra e esce, nel testo, usando espressioni qualche volta arcaiche, altre volte oscure, che riportano alla memoria quelle figure “vissute” che a Roma sembrano oggi sparite. 

Il filo del racconto della Lazio di quegli anni si snoda in una spirale parallela a quello degli eventi più importanti dell’epoca: gli scontri di piazza, la repressione della polizia e il terrorismo, la politicizzazione della lotta, la violenza generalizzata, la criminalità dilagante.

Un campionario esplorato anche dal cinema, in cui stride la drammaticità degli eventi di cronaca col quotidiano spericolato e un po’ viziato dei calciatori professionisti, non ancora ricchi a milioni ma già famosi e in grado di fare capricci degni delle rockstar.
Almeno Chinaglia. 

Il libro scorre via leggero, non è privo di momenti di scrittura vera, soprattutto quando Traseticcio si abbandona al racconto della magia della fotografia, mentre subisce gli eventi che la vita gli infligge. Tragici come quello che porta alla morte di Re Cecconi, talmente assurda che c’è chi ancora non se ne capacita. 

Un libro da leggere, insomma: chi tifa Lazio criticherà qualche passaggio ma si consolerà col dolce ricordo della prima grande vittoria, della figura di Maestrelli e di quella, bella e sincera, di Re Cecconi. Chi non è laziale troverà un racconto ricco di sfumature, che demolirà qualche luogo comune  sul calcio. 

O perlomeno alimenterà la nostalgia per un mondo del pallone che non c’è più. Fagocitato dall’odierno showbiz, coperto di milioni dalla televisione e dagli sponsor, con le sue primedonne irraggiungibili e la noia mortale dei verdetti del campo, sempre uguali e impossibili da sovvertire, che spingono ad aggrapparsi ad un’Atalanta qualsiasi, pur di respirare una boccata d’aria nuova. Aspettando un nuovo Maestrelli.

(Kulturjam, 25/10/2020)

Ci hanno raccontato un milione di volte quella squadra per i vizi e le pazzie, senza raccontarci molto di come giocava a pallone. Una storia che ritorna, perché è fatta apposta per essere raccontata, tra cronaca e leggenda, e sarebbe un’occasione, ogni volta più matura, per accendere i riflettori del cinema o della tv, se solo non si trattasse della Lazio, sempre invisa a certa stampa e oggetto di gelosie e sottovalutazioni continue, nel patetico tentativo di far rifulgere altre stelle poco luminose.

Il racconto di Carotenuto è piacevole e merita la lettura, soprattutto per come tratteggia la figura di Maestrelli, “disertore di conflitti”, e Re Cecconi. La retorica delle pistole e delle bottigliate, dei phon contesi e dei capricci infantili non può offuscare però la memoria di una squadra che ha fatto la storia del calcio italiano, né diventare prevalente sul fatto tecnico, anche se invertire la polarità del racconto farebbe perdere gusto alla narrazione, che esce dalla piatta cronaca calcistica riferita a eventi ormai lontani nel tempo.

Si è fatta la storia, ma si guarda al domani, senza per questo dimenticare.
Qui preferiamo la Lazio a colori, quella che verrà.

La terribile urna

Adesso viene il bello.
Lunedì 14 dicembre, a mezzogiorno, sapremo chi ci toccherà affrontare negli ottavi di finale.
Sono sei nomi che mettono paura: Chelsea, Liverpool, Paris San Germain, Manchester City, Real Madrid, Bayern Monaco, in rigoroso ordine crescente di ranking UEFA.

Il Chelsea di Blue is the colour l’abbiamo affrontato ai tempi di Cragnotti e non rappresenta una novità. Una vittoria storica a Stamford Bridge, in rimonta con gol di Simone Inzaghi e Sinisa Mihajlovic, ci regalò i quarti di finale di Champions League nel 2000. Resta l’unica, perché nei due match casalinghi la Lazio ha ottenuto uno 0-0 e un brutto 0-4, nel 2003, con Mancini in panchina ed Hernan Crespo in gol da ex. Un classico. Persa (1-2) anche l’altra battaglia londinese.

Del Liverpool i tifosi laziali serbano ricordi piacevoli legati alle numerose sconfitte inflitte alla Roma.
La Lazio ha affrontato il Liverpool in due amichevoli estive, entrambe disputate ad Anfield Road: una vinta e una persa, stesso risultato di 1-0, la vittoria firmata da Cesar, nell’estate 2002, Banda Mancini in rodaggio.

Col Manchester City la Lazio condivide i colori sociali. Unico confronto un’amichevole estiva, disputata all’Etihad Stadium e persa (3-1) nell’estate 2004, in una delle primissime uscite della Lazio lotitiana. Con i Citizens giocava Anelka, protagonista di un’infuocata telenovela estiva di mercato ai tempi di Cragnotti. Al tempo in cui la Umbro era sponsor tecnico della Lazio leggenda vuole che il City abbia giocato una gara di campionato con le maglie laziali sponsorizzate Banca di Roma, per un disguido nelle consegne.

Mai affrontato il Paris Saint-Germain.

Molto combattuti i precedenti col Real Madrid, affrontato nella Champions 2000-2001, con sconfitta rocambolesca a Madrid (3-2) e pareggio all’Olimpico (2-2), in una serata magica di Castroman.
Nel 2007 la Lazio di Delio Rossi giocò una grande gara all’Olimpico, bissando il 2-2, ma perse nettamente al Bernabeu (3-1). Due volte la Lazio ha prevalso ai rigori in altrettante amichevoli estive disputate in Spagna, contro una sconfitta, sempre ai rigori, patita in casa.

I campioni in carica del Bayern, infine, furono invitati per il gran gala dello scudetto 1974: esclusa dalle Coppe Europee per gli incidenti seguiti alla gara di Coppa UEFA contro l’Ipswich, la Lazio si consolò con l’amichevole di lusso giocata contro i bavaresi, anche allora freschi di conquista del massimo trofeo europeo e, molti di loro, campioni del mondo con la nazionale che nel ’74 batté la Grande Olanda. Finì 1-1, con Franzoni a pareggiare, nel finale, il gol iniziale di Schwarzenbeck, regalandosi una serata da raccontare ai nipoti.

Comunque vada sarà durissima, ma la Lazio si è guadagnata sul campo questo onore.
(dati da Laziowiki e Laziopage)

Prima della battaglia

Una vigilia passata quasi sotto silenzio, complice il calendario serrato e la nostra tendenza a parlarci addosso sui social e in giro per il web. Eppure Lazio-Bruges è la porta per arrivare alla seconda fase della Champions League, dalla quale la Lazio manca dal 2001. Allora fu un secondo girone, oggi sarebbe l’eliminazione diretta, ottavo di finale, vicino al limite toccato nell’anno dell’ultimo scudetto, con l’eliminazione ai quarti figlia di una sciagurata serata al Mestalla di Valencia, che ci impedì di arrivare in fondo alla competizione, con una squadra in grado di trionfare.

Oggi il valore della Lazio nel contesto internazionale non è così alto, ma si tratterebbe, comunque, del punto più alto raggiunto nel terzo millennio e nell’era lotitiana. Col Bruges basterà un pareggio, ma si spera tutti in una vittoria che porti prestigio, soldi, punteggio per il ranking europeo e un grande gala negli ottavi di finale. Senza pubblico, ma con la voglia di misurarsi in una competizione esaltante.

Se si dovesse perdere si rimarrà in Europa, ritentando la sorte in Europa League. Un torneo di consolazione, se si sta nella competizione più importante. L’obiettivo primario però è rimanere in Champions League: in fondo alla stagione, restando tra le prime quattro; domani, centrando una qualificazione storica.

Non dimentichiamo Strakosha

Una vecchia passione dei laziali è quella di cercare un paio di capri espiatori a cui dare addosso, durante l’anno, quando le cose non vanno bene. L’arrivo dell’ottimo Reina, portiere di curriculum e carisma, ha messo in discussione il ruolo del portiere albanese, nonostante Thomas sia stato protagonista in occasione dei trofei conquistati negli ultimi anni e abbia già giocato 150 volte (148, per l’esattezza) con la maglia della Lazio, a soli 25 anni. Strakosha si è dovuto fermare a causa del Covid e attraversa un periodo un po’ sfortunato, ma lavora per rientrare, sapendo di aver lasciato i guanti in ottime mani. Speriamo si riprenda presto e che gli ipercritici gli diano atto di quanto già fatto e di quanto sarà in grado ancora di fare. Resta uno dei migliori portieri del campionato e tornerà a dimostrarlo.