Una serata da Lazio. A lieto fine

Una qualificazione storica raggiunta con un finale da brivido, quando tutto s’era messo per il verso giusto. La sindrome di Salisburgo che affiora, e il braccino che attanaglia i ragazzi di Inzaghi dopo un ottimo primo tempo. Chiuso in vantaggio e con l’avversario in inferiorità numerica, prima di un secondo tempo che, sbagliato il possibile quando si trattava di chiudere la partita, diventa una specie di incubo, col regalo del 2-2, frutto dell’arretramento della squadra che fa diventare pericoloso un Bruges che va avanti con la forza della disperazione e sfiora il colpo con una clamorosa traversa a tempo scaduto.

Sarebbe stata una beffa e un’ingiustizia, perché la Lazio ha strameritato la qualificazione con un girone esemplare, che chiude imbattuta pur avendo affrontato due gare in uno stato che definire d’emergenza è dire poco. La prestazione di Dortmund continua nel primo quarto d’ora di stasera: folate offensive irresistibili, aggressione sistematica dell’avversario, circolazione di palla alla velocità della luce e una serie di situazioni pericolose che culminano col gol di Correa, grande protagonista dell’inizio della partita.

Tre minuti dopo, il primo regalo: Reina non trattiene un tiro secco di Lang, libero di calciare, e consente la ribattuta in rete di Vormer, anche lui indisturbato. La Lazio accusa il colpo, si smonta per qualche minuto, poi riparte lancia in resta e trova un rigore netto per fallo di Mata su Immobile, che Ciro trasforma con la solita freddezza.

La partita si mette in discesa, poi, con l’espulsione di Sobol, all’ennesimo intervento duro su Lazzari. La Lazio sembra padrona della situazione, ma si complica la vita fallendo diverse occasioni per segnare il terzo gol, con Correa e con Immobile, e progressivamente scivola indietro, sul campo, favorendo il forcing disordinato e rabbioso del Bruges.

I biancocelesti hanno paura di vincere e si consegnano ai belgi, regalando loro il 2-2, segnato da Vanaken di testa a un quarto d’ora dalla fine, e rischiando l’osso del collo nel convulso finale che vede la clamorosa traversa colpita da De Ketelaere con una bordata a botta sicura.

Tutto è bene quel che finisce bene, comunque, e dopo 19 anni la Lazio approda alla seconda fase della Champions League, consapevole dei propri limiti: una difesa che subisce troppi gol, un attacco che spreca molto, nonostante un implacabile Immobile, in gol per la nona gara consecutiva, e la paura di vincere che talvolta affiora e rovina quanto di buono si è saputo costruire.

Ora forza col rinnovo del contratto di Inzaghi.

Prima della battaglia

Una vigilia passata quasi sotto silenzio, complice il calendario serrato e la nostra tendenza a parlarci addosso sui social e in giro per il web. Eppure Lazio-Bruges è la porta per arrivare alla seconda fase della Champions League, dalla quale la Lazio manca dal 2001. Allora fu un secondo girone, oggi sarebbe l’eliminazione diretta, ottavo di finale, vicino al limite toccato nell’anno dell’ultimo scudetto, con l’eliminazione ai quarti figlia di una sciagurata serata al Mestalla di Valencia, che ci impedì di arrivare in fondo alla competizione, con una squadra in grado di trionfare.

Oggi il valore della Lazio nel contesto internazionale non è così alto, ma si tratterebbe, comunque, del punto più alto raggiunto nel terzo millennio e nell’era lotitiana. Col Bruges basterà un pareggio, ma si spera tutti in una vittoria che porti prestigio, soldi, punteggio per il ranking europeo e un grande gala negli ottavi di finale. Senza pubblico, ma con la voglia di misurarsi in una competizione esaltante.

Se si dovesse perdere si rimarrà in Europa, ritentando la sorte in Europa League. Un torneo di consolazione, se si sta nella competizione più importante. L’obiettivo primario però è rimanere in Champions League: in fondo alla stagione, restando tra le prime quattro; domani, centrando una qualificazione storica.