Perdere un derby, a Roma, è un evento ricorrente: le due squadre si alternano nel predominio cittadino, e capita di frequente di festeggiare o di rimanere scornati.
In terre abituate alla competizione senza esclusione di colpi si dice che “chi perde non cogliona”, quindi non si accampino scuse che hanno l’effetto di far godere di più chi ha vinto. Ci si rivede alla prossima e stop.
L’atmosfera da day after, però, è nelle viscere del tifoso, e per noi laziali è doppia: fino all’ultimo abbiamo rincorso la zona Champions, ma da tempo avevamo la percezione, netta, che fosse difficile arrivarci, perché le vittorie arrivavano quasi sempre alla fine di vere e proprie battaglie di nervi, e le sconfitte, spesso maturate contro avversarie alla portata, sembravano dovute sia alla concentrazione (la testa altrove nelle atroci vigilie di Champions) sia all’incapacità di uscire da un tema tattico se l’avversario indovina le contromisure, critica che è stata spesso mossa a Inzaghi, a proposito ma anche tralasciando il fatto che il copione non sempre veniva interpretato a dovere.
Così il giro palla da Grande Olanda visto in certe occasioni si è trasformato in stucchevole e inconcludente tictoc in altre, altro che tiki taka. Vedi il secondo tempo di ieri. Un evento avverso, come la svolta arbitrale di Napoli, ha dato la stura al diluvio che ha inchiodato un singolo apprezzato per gran parte della stagione, Reina, a un brutto finale, in cui ogni tiro era gol (vedi Pedro ieri sera), anche quelli che non sembravano impossibili da prendere.
La stagione serrata imposta dal Covid ha sottoposto alcuni singoli a un tour de force che ha messo a nudo la resistenza di Inzaghi al turnover, probabilmente dovuta alla troppa differenza di qualità tra titolari che giocano sempre, basta respirino, e riserve che maimaimai hanno una chance per davvero. Questa resistenza, fondata su un giudizio tecnico qualificatissimo, quindi poco opinabile da non addetti ai lavori, ha finito, però, per aumentare quel solco tra titolari e riserve, che non sono mai state considerate parte di un progetto per davvero, e questo non ha certo agevolato la loro inclusione e il loro rendimento in campo.
Quindi il day after della Lazio deve partire da un’analisi seria e profonda di quello che non ha funzionato, senza fare i medici pietosi rievocando le belle vittorie di stagione: il Borussia, il derby d’andata, Bergamo, il Napoli, il Milan. Alla fine, poche.
La Lazio poteva salvare la stagione finendo con una striscia di vittorie che, da Firenze in poi, avrebbe garantito al 100% l’ingresso nei 4. Proprio la sconfitta di Firenze ha visto, invece, ammainare la bandiera biancoceleste, lasciando il passo alla prestazione penosa col Parma e alla resa incondizionata di un derby cominciato discretamente e finito al gol dell’armeno, maturato in circostanze che la dicono lunga sullo stato dei biancocelesti, visto il modo in cui Dzeko ha disposto del leonino Acerbi.
Serbatoio vuoto, testa scarica, nessuna convinzione di poter centrare l’obiettivo, squadra che crolla alla prima avversità, estrema debolezza di alcuni punti fermi che a questo punto sarebbe stato meglio escludere dal campo. Il senno di poi.
Ma un sesto posto con annesso crollo finale, pur aggiunto alla bella qualificazione agli ottavi di Champions, è un risultato che racconta un fallimento. Diverso da un’esclusione dalla CL maturata lottando fino all’ultimo. Una differenza piccola ma netta, anche se l’epilogo sostanziale sarebbe stato lo stesso. Una differenza che aiuterà, si spera, a chiarire a tutti le idee per il futuro, perché c’è sempre un’altra partita, un’altra stagione eccetera.
E già che ci siamo, col Torino non si può snobbare l’impegno, dopo la tempesta di fango scatenata da Cairo contro Lotito e la Lazio, durante tutta la stagione e ancora prima. La Lazio deve onorare l’impegno e vincere. Lo deve a sé stessa prima che a noi tifosi.
Non servirà a lenire le ferite di questo brutto mese di maggio, ma è doveroso.
Perfetto. Concordo con la tua analisi e condivido le tue speranze. Ieri sono rimasta allibita dall’atteggiamento post svantaggio. Non si può affrontare un derby così, corsa Champion’s o no.
Sono così fuori che ho scritto Champions a membro di segugio. Va be’.
purtroppo è così. E fino al primo gol stavamo in campo bene. Dovrebbero spiegarci che cosa gli è successo. Se lo sanno