Giorni di festa per Claudio Lotito: doppia promozione nel giro di poche ore, con la Lazio Women e con la Salernitana. Una soddisfazione che mitiga l’ansia per l’esito finale della lotta per i piazzamenti in Champions League, che difficilmente vedrà la Lazio confermare la bella partecipazione dell’anno scorso.
Si proverà a vincere le quattro gare restanti, sperando che basti, ma la mancata qualificazione, al massimo, obbligherà la Lazio a una correzione di rotta. La gestione oculatissima delle finanze societarie avrà consentito al Presidente della Lazio di congegnare una strategia di ripiego in grado di contenere il danno portato dal precipizio scavato dalla pandemia.
Il grido di dolore del mondo del calcio, strangolato da debiti contratti per vivere al di sopra delle proprie possibilità, non riguarda la Lazio, se non di striscio. I biancocelesti sono inseriti nel sistema e dovranno rivedere al ribasso le stime dei ricavi e l’ipotetica valutazione dei gioielli Milinkovic-Savic, Correa, Luis Alberto in prospettiva mercato.
Problema secondario, però, visto che la Lazio, in genere, cede solo chi non desidera restare a Formello. La società assorbirà con gli introiti della Champions League 2020/2021 i mancati incassi al botteghino imposti dalla chiusura degli stadi e tenterà di tamponare la contrazione degli introiti da diritti tv, maturata in uno scenario di guerra senza quartiere interna alla Lega, di cui sono arrivati echi e schizzi di sangue (e non solo) sulle pagine dei giornali, sui social e sui media in generale.
Il punto è sempre il solito: Lotito attira su di sé critiche, strali, antipatie, invidie, sfottimenti e contumelie. Saccente, intrigante, moralista, maleducato, ridondante, tronfio, antipatico, tirchio, parvenu. Ma i risultati stanno lì, in bella mostra, a dire che il suo modello di gestione è virtuoso e attraverso l’equilibrio raggiunge risultati tecnici importanti.
Partendo da un presupposto: una società di calcio può contare su entrate che in gran parte possono essere influenzate da elementi aleatori. Tipicamente, le scelte di mercato, gli esiti del campo, spesso legati a fattori imponderabili, l’influenza degli arbitri e degli infortuni.
Da questi presupposti deriva la sua morigeratezza nel contrarre debiti, che nel calcio spesso vanno a finanziare campagne acquisti e ingaggi faraonici che hanno un’influenza nefasta sul conto economico delle società. Durante la sua gestione non ha mai dovuto ricorrere ad aumenti di capitale per ripianare perdite rovinose, evento che nel calcio rappresenta la normalità.
Questo atteggiamento prudente, unito allo slancio moralistico/moralizzatore dei primi tempi, lo ha esposto ai lazzi e ai pernacchi di un mondo del calcio che da sempre vive di spese pazze. In realtà Lotito, dopo aver risanato la Lazio, e avendo ottenuto i primi riscontri positivi sul campo, ha gradualmente alzato il livello delle spese, pur badando sempre all’equilibrio.
Così in biancoceleste sono arrivati i campioni, e ci si è sottratti al balletto delle plusvalenze di comodo che abbelliscono i bilanci senza apportare liquidità. Poche cessioni, tutte a caro prezzo, qualche inciampo, tipo le fughe dei Pandev e dei De Vrij, alcune cantonate di mercato, dai Makinwa ai Muriqi. Un percorso di miglioramento di fondo, graduale e costante.
Le guerre di potere interne al calcio lo hanno esposto al tiro incrociato di rivali e media. Lotito ha avuto un impatto importante nella Lega di Serie A, conducendo le sue battaglie anche arrivando ad aprire strade nuove e sostenendo e provocando cambiamenti profondi nelle strategie delle società di serie A. Un esempio: la rateizzazione del debito verso l’Erario che ha consentito alla Lazio di non fallire e allo Stato di recuperare cifre importanti che altrimenti sarebbero andate perdute per la collettività.
Un accordo apparentemente irraggiungibile, se si pensa che riservarlo a tutte le società operanti in qualunque settore dell’economia provocherebbe sconquassi: nessuno pagherebbe più le tasse, confidando in una transazione a babbo morto. Lotito ottenne in punta di diritto l’agevolazione, che subito dopo venne, di fatto, abolita. Un esempio della sua visione e della capacità di raggiungere un obiettivo anche percorrendo strade nuove, mai frequentate da altri.
Il suo difetto? Se ne vanta. Ostenta le lauree. Non si preoccupa delle buone maniere. Ma ha delle virtù che andrebbero considerate di più. Per esempio, il coraggio. La determinazione con cui ha resistito a una contestazione dell’ambiente selvaggia, minacciosa, senza quartiere, sostenuta e sospinta anche dalla stampa locale, che ha spaccato una tifoseria storicamente attaccatissima al club, fatta di numeri non elevatissimi ma costanti e fedeli.
Una resistenza che risalta, se messa a confronto con le vicende torbide che hanno visto negli anni molte grandi società dover rispondere di imbarazzanti connivenze con ambienti della tifoseria non proprio presentabili.
Insomma, il modello Lotito è: col bilancio sano e una gestione oculata si vince.
Lasciando che i tecnici lavorino (in 17 anni appena 4 esoneri, 8 allenatori in tutto, tre direttori sportivi, 4 con lui) e che i calciatori crescano nella continuità.
Radu, Lulic, Parolo, Luis Alberto, Milinkovic-Savic, Immobile, e prima ancora altri come Biava, Mauri, Rocchi, Klose, Ledesma, Candreva.
Storie non da prima pagina, forse.
Ma che hanno portato in bacheca 6 trofei.
E una situazione societaria a oggi esemplare.
Un esempio da seguire, insomma.
Ma chissà perché nessuno consiglia un modello Lazio come soluzione dei problemi del calcio. Altro che SuperLega…