Al fin della licenza, Caicedo tocca. E se segna sempre nei minuti finali della gara c’è un motivo: è perché gioca solo quelli. Che sia per la fascite plantare o per un destino avverso, questa è la realtà: mai citazione chinagliesca fu più appropriata, insieme all’altra frase famosa di Giorgio: bisogna fare go’, diceva lui, che di gol se ne intendeva.
Ecco, la Lazio non fa più go’, rispetto alle medie d’abitudine fino all’anno scorso. E tutto si mette su un piano inclinato scivoloso: la squadra tende a sbilanciarsi per aumentare la pressione offensiva, negli spazi intasati non trova mai l’ultimo passaggio, e il tandem d’attacco titolare ne risente. Vero che la Lazio ha quattro punte da ruotare, ma il tecnico ne usa soprattutto due: se gli stenti di Muriqi sono evidenti, ancorché comprensibili, avendo dieci minuti a partita a disposizione, il discorso su Caicedo è ben più complicato, perché Felipe ha una media realizzativa eccellente. Solo che gioca poco.
Col Crotone la fatica fatta dalla Lazio è veramente esagerata, soprattutto perché, come ha detto Cosmi a fine gara, la Lazio ha iniziato con un avversario timoroso e quasi inerte, costruendo il suo gioco a volte ruminato, a volte frenetico ma sempre privo di sbocchi.
Luis Alberto, oggi il migliore insieme a Caicedo, ha abbandonato la pratica dell’assist, dopo essere stato il miglior assistman l’anno scorso, per darsi al gol.
Ottimo, ma viene il dubbio che il problema siano i compagni che non trasformano in gol le sue assistenze, e che perciò lui si sia messo in proprio.
Le difficoltà di Immobile continuano, anche se oggi è sembrato meno sofferente che nelle ultime uscite. La testa però balla per tutti: sembrano provarlo i troppi tiri forzati finiti in curva, gesti fatti quasi per liberarsi di una palla che scotta, di cui non si sa cosa fare.
Come ha fatto Escalante, scoccando quel tiro a mezza altezza, senza pretese, che Caicedo ha ghermito, felino, con un perfetto controllo, per poi fiondare in porta, fulmineo.
Un gol che restituisce valore alle prodezze di Milinkovic-Savic e di Luis Alberto, annullate dal doppio pareggio di Simy, uno su un rigore veramente sciagurato causato da un intervento sbadato e irruento di Fares, che continua nella sua misteriosa oscura stagione.
C’è una specie di maledizione del terzino/esterno sinistro che affligge Tare: ogni soluzione portata in quel ruolo, per un motivo o per l’altro, finisce per fallire. C’è ancora tempo ma Fares, a oggi, ha deluso. Con lui la difesa, sempre sotto accusa. Ma si sa che la difesa è un fatto di squadra. A meno che non compia errori individuali, e alla Lazio non manca mai chi ne fa di madornali.
Oggi si è rischiato di pareggiare contro l’onesta ultima in classifica, subendo gol in due situazioni su tre: la terza, per fortuna, sventata da un Reina decisivo. La Lazio lascia perplessi, da qualunque angolazione la si guardi. Forse chiudere il capitolo Bayern le farà bene, e allora questi tre punti potrebbero diventare un piccolo, nuovo inizio.