Simone Inzaghi, è ora di decidere

Un rinnovo contrattuale che tarda ad arrivare, il rendimento altalenante della squadra, i mugugni dei tifosi che non si accontentano dell’ottavo di finale, le critiche sulla condizione fisica della squadra e sul suo assetto tattico: Simone Inzaghi si appresta a sfidare il fratello in un momento molto delicato.

Raggiunto il prestigioso obiettivo della qualificazione agli ottavi di finale in Champions League, i tifosi si aspettano un deciso miglioramento del rendimento in campionato. Difficile da realizzare con il poco tempo a disposizione prima della gara contro l’ostico Verona, ma l’analisi non si può limitare alla gara di ieri. I numeri del campionato sono imbarazzanti: 5 punti in 6 partite in casa, compensati in parte dal buon rendimento esterno. Una caterva di gol subiti, quasi due a partita, spesso originati da errori individuali, e una condizione ottimale che non torna.

Dopo la fine del lockdown, che fermò una squadra lanciatissima, in piena corsa per lo scudetto, la Lazio ha avuto un rendimento pessimo in campionato: 10 vittorie, 3 pareggi e 10 sconfitte in 23 gare. Una media da centroclassifica mediocrissima. Una condizione fisica sempre carente, una lunga serie di infortuni, con l’aggiunta del Covid. Non c’è pace, per Inzaghi, nel 2020.

Ma lui, dicono i tifosi, ci mette del suo. Normale, visto che si tratta del responsabile tecnico della squadra. A Inzaghi si rimprovera la rigidità tattica e l’insistenza su qualche nome che pare bollito. Nel calcio la memoria è corta, quindi inutile ricordare gli ottimi risultati ottenuti dalla Lazio con Inzaghi alla guida. Si potrebbe riconoscergli l’attenuante di una rosa non ottimale per gli obiettivi di inizio stagione, ma lui ha sempre detto che la società ha fatto uno sforzo importante, migliorando di molto la rosa dal punto di vista numerico.

Ma è così? Tra i nuovi, si sono felicemente inseriti Reina e Akpa Akpro, tralasciando Hoedt che è rientrato in un meccanismo che conosceva bene. Procede a rilento l’inserimento di Fares, chiamato a sostituire Lulic, uomo importantissimo nell’ultimo decennio laziale. Guai fisici, tra covid e infortuni, hanno fermato più volte Muriqi ed Escalante, mentre Pereira, che ogni volta in campo ha mostrato di essere un giocatore di talento, trova ancora poco spazio.

In più c’è la rigidità del tecnico su un modulo, il 3-5-2, cucito addosso a una squadra che faceva affidamento sul formidabile rendimento di Leiva e Acerbi per coprire le spalle ai quattro talenti che fanno la differenza: Immobile, Luis Alberto, Milinkovic-Savic e Correa. Difficile dire se una diversa disposizione tattica potrebbe migliorare il rendimento della Lazio, ma sembra evidente il regresso dell’organizzazione difensiva negli ultimi tempi.

A proposito di difesa: il cambiamento continuo della posizione di Acerbi, la variazione frequente del terzetto dei centrali, che ha visto alternarsi Patric, Hoedt, Radu, Parolo e Luiz Felipe vicino al leonino difensore della nazionale, la copertura insufficiente degli esterni, anche loro spesso alle prese con problemi fisici: sono tutti elementi che compongono un quadro difficile. I problemi della Lazio si spiegano così: tante incertezze, tanti eventi che girano contro, tante difficoltà che prese singolarmente sembrano banali ma messe insieme fanno la differenza.

Il club, poi, sconta il fuoco di una stampa ostile, principalmente per motivi di politica calcistica. E tarda a sbrogliare il nodo della conferma del tecnico, che invece sarebbe importante per recuperare certezze. Nel calcio la solidità della panchina è un elemento fondamentale, se viene meno aumenta l’incertezza e oggi la Lazio ha bisogno di punti fermi, prima di arrivare a giocarsi le sue (poche) chance nell’ottavo di finale di Champions League, contro un avversario che, comunque vada il sorteggio, sarà proibitivo.

Urge, insomma, una svolta: impensabile e insensato sarebbe oggi l’esonero del tecnico. L’effetto-scossa potrebbe essere dato, quindi, dalla sua conferma, oltre che da un finale importante del 2020: tre partite, contro Benevento, Napoli e Milan, che chiariranno qualcosa sulla reale consistenza di questa squadra, lontana dalla micidiale macchina da gol ammirata nell’inverno scorso, ma ancora in grado di reagire.